A cura di Davide Munaretto

Appunti di orlogeria: Analisi degli attriti sui perni dell'asse bilancere

Quando ci si affaccia al restauro

di vecchi orologi come quelli da tasca, il problema più ricorrente è la rottura di uno o entrambi i perni dell’Asse Bilanciere che in genere è accompagnato anche dalla rottura dei relativi rubini

L’operazione di ricostruzione

dell’Asse bilanciere oltre a richiedere conoscenze specifiche nell’uso del tornio, deve seguire determinate fasi preliminari volte all’estrazione del vecchio asse in modo da non danneggiare il volano.

Eseguite le operazioni preliminari di estrazione della spirale e del plateu, si deve procedere alla rimozione del collarino ribadito che in altro modo tenderebbe a deformare il foro del volano realizzato in materiale più tenero dell’asse.

Estratto il vecchio Asse si procede con la ricostruzione del nuovo secondo le procedure previste per questo tipo di realizzazioni e contestualmente si selezionano i nuovi rubini in sostituzione di quelli rotti.

Rimontato il nuovo asse si deve necessariamente procedere con l’equilibratura statica del volano, asportando il materiale in eccesso grazia alla foratura delle micro viti perimetrali coinvolte.

A questo punto provato il nuovo asse e accertato il giusto grado di libertà si procederà al rimontaggio dell’orologio, passando come prima verifica al rilevo della marcia nelle due posizioni orizzontali che di massima dovrebbero restituire valori di ampiezza e di marcia uguali.

Se questo non dovesse accadere e le differenze fossero rilevanti, accertato che non vi siano altri problemi di altra natura si dovrà indagare sulla conformazione dei perni dell’asse che in questa condizione lavorano di punta.

Per meglio comprendere come intervenire sulla loro conformazione iniziamo dal concetto di ATTRITO, che in questo caso è di tipo Radente, in quanto l’estremità del perno striscia sulla superfcie della contropietra.

L’attrito statico, ovvero in assenza di moto, che si genera nei perni che lavorano in verticale come quello dell’Asse Bilanciere è dato dalla seguente formula:

Ra = f x Np

Dove

Ra è il valore dell’ attrito

f è il coefficiente di attrito che è un valore sperimentale tabulato e varia a seconda dei materiali che vengono a contatto

Np è la forza che spinge il perno verso la superficie di strisciamento, che in assenza di altre componenti equivale al peso dell’Asse.

Da questa formula si evince immediatamente come l’attrito statico sia assolutamente indipendente dall’ampiezza della superficie di contatto, che però entra in gioco nel momento in cui si entra nel campo della dinamica.

Per comprendere meglio il motivo per cui i perni (come anche altri fattori) influiscano sull’ Isocronismo, vediamo cosa accade quando cerchiamo di mettere in movimento il nostro perno

Per convenzione il punto di applicazione della forza di attrito lo si considera posto a 2/3 del raggio “r” della superficie di contatto.
Quando mettiamo in moto il perno, l’attrito si oppone al movimento rotatorio generando una coppia di segno opposto al senso di rotazione che vale:

Mr = Ra x 2/3 x r = f x Np x 2/3 x r

Dal momento che la forza trasmessa dalla molla di carica non è costante, ma varia con il variare della carica, la “coppia di attrito” avrà un’ influenza trascurabile quando la carica sarà al suo massimo e comincerà a farsi sentire sempre più con il diminuire di questa.

La condizione di stallo la si raggiunge quando la coppia di attrito supera quella dovuta alla forza motrice.

Queste perdite di energia cinetica che si manifestano con la riduzione dell’ampiezza di oscillazione, si possono esprimere anche in termini di “lavoro” che per definizione è dato dalla Forza x spostamento.

Nel nostro caso essendoci una perdita di “spostamento angolare” si parla di “Lavoro Perduto” e si esprime come segue:

Lp = Mr x 2 pigreco (J)

Per quanto sopra, una superficie troppo piatta porterebbe ad attriti tali che potrebbero manifestarsi in modo sensibile già a molla medio carica, di contro superfici troppo arrotondate generano come abbiamo visto delle pressioni che alla lunga potrebbero portare all’usura precoce delle contropietre…

E questo ragionamento l’abbiamo applicato al solo perno…ma poi c’è anche tutto il resto…!

Proviamo quindi a ragionare su quale possa essere il corretto raggio di curvatura.

L'arrotondamento della parte terminale del perno è sostanzialmente vincolato al diametro del perno stesso e sotto certi valori non è possibile andare

E' possibile raccordare il nostro cerchio o ellissoide che origina poi la rotondità del perno finale in infiniti modi diversi spostando l’asse lungo l’asse del Perno, ma che questo non influisce in modo significativo sulla superficie di contatto che rimarrò invariata in funzione della curvatura iniziale (cerchio o ellissoide).

Nelle foto che seguono un esempio di perno raccordato in modo corretto (a Sinistra) e perno con finitura errata e schiacciata (a Destra)

Nelle foto che seguono confronto diretto fra perno corretto e errato (a Sinistra) e confronto fra come si presenta il perno errato e come si presenta dopo la ripresa (a Destra)

Questo dimostra che una bombatura più o meno raccordata in altezza non determina alcuna variazione sulla superficie di contatto, ma quello che invece diventa determinante è lo schiacciamento del raggio di curvatura che se tendente all’infinito si avvicinerà sempre più ad un piano orizzontale aumentando cosi la superficie di contatto.

Diverso sarebbe invece se la parte terminale non fosse sferoidale ma conica in quanto allo stesso modo si avrebbe un vertice che teoricamente porterebbe ad avere una superficie puntiforme di contatto e quindi una pressione massima che rimmarrebbe invariata in quanto solo con un angolo del cono di raccordo di 180° si andrebbe ad annullare il singolo punto di contatto (tutto questo in linea teorica ovviamente) .

Le pressioni Hertziane tengono poi conto del fatto che i materiali non sono perfettamente rigidi ma hanno comunque una loro elasticità e questa porta ad una deformazione del punto di contatto che sarà tanto più grande quanto più grande sarà la pressione di contatto stessa in funzione inoltre della durezza del materiale, e questo ci fa capire il motivo per cui il rubino alla lunga potrebbe tendere a perforarsi…

Ulteriori approfondimenti li trovate sul libro "Orologeria - ed. Hoepli"