A cura di Davide Munaretto
Quando si affronta il restauro o la semplice revisione di un orologio sia esso un pendolo o un orologio da polso, ci si scontra sovente con problematiche legate alla scarsa lubrificazione che ha portato all’inevitabile usura di perni e loro sedi.
Il lubrificante col tempo si arricchisce di particelle metalliche che col tempo tendono a solidificarsi nell’olio ormai esausto divenendo cosi una tremenda pasta abrasiva in grado di consumare incredibilmente anche l’acciaio come testimoniano le immagini che seguono
e rigando inesorabilmente anche la superficie delle loro sedi
Ovviamente a fronte di situazioni di questo tipo si deve intervenire con la ricostruzione dei perni e il ripristino delle loro sedi come spiegato negli articoli che trovate nella nostra sezione tecnica.
Per quanto sopra, la lubrificazione è un aspetto estremamente importante sia a livello conservativo sia per il buon funzionamento dell’orologio ed è da sempre stato oggetto di studi fin dal 600 (vedi articolo riguardante la lubrificazione nella storia).
Analisi dell’Attrito nei perni
L’accoppiamento fra perno e propria sede fissa (detta anche Boccola), è sempre caratterizzato da un certo gioco e quindi si parla di accoppiamento con gioco.
In condizioni statiche, quindi in assenza di coppia applicata al perno, si ha quindi un punto di contatto fra perno e boccola che identifichiamo con C
Nel momento in cui andremo ad applicare una coppia ed entreremo in regime dinamico con velocità angolare costante, nascerà una forza che si opporrà allo scorrimento detta forza di attrito Fa e il punto di contatto si sposterà in C’.
Durante il moto quindi si verrà a creare una coppia che si oppone al moto detta Momento Resistente M dato dalla relazione
Dove r è il raggio del nostro perno.
Da questa analisi si evidenzia come l’attrito sia fortemente condizionato anche da eventuali spinte assiali che nel caso reale degli accoppiamenti fra ruote e pignoni è tanto più grande quanto più ci si avvicina alla forza motrice, ovvero il bariletto di carica.
Per ridurre l’attrito, che come sappiamo è determinato dalla rugosità delle superfici a contatto, si adotta quello che viene definito come lubrificante, ovvero un fluido in grado di interporsi fra le due superfici riducendone di molto il loro contatto relativo
Il Lubrificante
La natura dei lubrificanti si è evoluta nella storia seguendo diverse direzioni in funzione dell’ambito per il quale questo veniva pensato e per l’utilizzo al quale era destinato.
Nell’orologeria vi sono stati moltissimi studi e moltissime sperimentazioni che hanno portato ai giorni nostri l’ottenimento di lubrificanti sempre più raffinati e specifici (vedi articolo relativo).
In generale un lubrificante può essere di natura liquida o solida, quelli più comuni sono gli oli minerali o sintetici e i grassi che rappresentano i lubrificanti di tipo solido.
La proprietà che un lubrificante deve possedere è quella di essere in grado di aderire alle superfici senza aggredirle o corroderle e di rimanere in posizione anche durante le sollecitazioni dovute al moto e alle pressioni relative favorendo cosi la riduzione degli attriti.
Una delle caratteristiche che identificano un lubrificante è la sua viscosità che ne esprime la resistenza allo scorrimento.
La viscosità è inoltre influenzata dalla temperatura che potrebbe farne variare anche di molto il suo valore rendendo meno efficace cosi l’azione di riduzione degli attriti.
Si considera IDEALE un fluido con viscosità nulla cosa ovviamente impossibile da ottenere in pratica.
Riassumendo quindi il lubrificante che andremo ad utilizzare per i nostri scopi dovrà avere caratteristiche specifiche tali da poter reggere bene le pressioni radiali e quindi con elevato punto di rottura, sufficientemente fluido da non determinare un eccessivo ostacolo alla trasmissione della coppia, essere quanto più stabile agli sbalzi di temperatura e poter durare nel tempo senza che vengano meno le caratteristiche chimico-fisiche che lo caratterizzano…facile no?
Se volessimo approfondire quello che accade all’olio sottoposto agli sforzi dovuti al moto dovremmo prendere in analisi il seguente disegno
Durante la rotazione, come abbiamo visto in precedenza, il punto di contatto fra perno e boccola, tende a spostarsi trascinando di conseguenza il lubrificante presente nell’intercapedine.
Il restringersi di questa intercapedine porta l’olio ad aumentare la sua pressione relativa fino a raggiungere il suo massimo nel punto di contatto.
Questa pressione, se le caratteristiche dell’olio sono tali da non cedere a livello molecolare facendo rompere la sua superficie, fa si di “spingere” l’olio stesso facendolo frapporre fra perno e boccola e vincendo cosi la spinta radiale applicata al perno.
Questa nuova condizione di equilibrio fa si di portare idealmente il perno in una condizione di “galleggiamento” riducendo cosi il contatto fra le superfici e quindi l’attrito.
Questo spiega il perché quando vengono meno le caratteristiche di fluidità dell’olio si innescano le irreversibili usure che abbiamo visto all’inizio di questa trattazione.
Per ulteriori approfondimenti vi invitiamo a visitare la nostra sezione tecnica.