a cura di Davide Munaretto
Fino alla fine del Seicento per la lubrificazione si ricorreva ad oli di origine vegetale e grassi animali per uso domestico come l’olio di Oliva o di Colza che venivano poi sommariamente raffinati con procedimenti personalizzati dai costruttori dell’epoca.
A partire dalla metà del Settecento con l’avvento e il diffondersi della cronometria, si comincerà ad arricchire anche la letteratura sull’argomento fino a quel periodo praticamente assente raggiungendo il suo culmine nel XIX secolo.
La lubrificazione di meccanismi sempre più complicati e delicati cominciò a divenire una necessità sempre più mirata e cominciò quindi una ricerca volta al miglioramento delle tecniche di raffinazione grazie anche all’aiuto dei chimici del tempo.
Nacque cosi un assioma riconosciuto da tutti gli orologiai del tempo che recitava “Un buon olio non deve variare alle diverse temperature ambientali, non deve scorrere e disperdersi, non deve evaporare e disperdersi, evaporare e lasciare residui gommosi, non deve ossidare e intaccare i metalli”
Breguet disse a Napoleone: “ Datemi un olio perfetto e io vi darò un orologio perfetto”
Uno dei problemi che più affliggeva i fabbricanti di orologi è sempre stato quello di trovare il modo di trattenere l’olio dove era necessario, dato che una delle sue caratteristiche è la tendenza ad espandersi ed aderire agli organi vicini dove in genere risultava inutile se non addirittura dannoso.
Fino ai primi anni del Settecento i fori per i perni delle ruote non erano muniti di quelle svasature semisferiche dette coppe dell’olio e la piccola quantità di lubrificante che potevano contenere tendeva ad asciugarsi in poco tempo.
Il problema era ancora maggiore con i perni del bilanciere che lavoravano in sedi cieche.
Di grande aiuto furono le ricerche di Henry Sully (1680 – 1728) il quale per ridurre l’attrito di questi perni eliminò i fori ciechi adottando delle bussole molto corte facendo lavorare cosi le sole teste dei perni stessi contro un piano distanziato.
Sully aveva in pratica inventato il contro perno o l’attuale contropietra , ma il problema della lubrificazione non era stato risolto, anzi probabilmente era ancor più difficile trattenere l’olio.
Affrontando il problema della scelta dell’olio e domandandosi quanto metterne ai perni, Sully si consultò con Julien Le Roy (1686 – 1759) con il quale era in rapporto di amicizia e di collaborazione e a quest’ultimo quesito Le Roy rispose che era meglio abbondare piuttosto che deficere e ricordò di aver sentito dire da Perre Gaudron ( 1690 – 1745) orologiaio di Parigi che se fosse possibile applicare una boccetta di olio ad ogni perno questo conserverebbe molto più a lungo la propria scorrevolezza.
Questa congettura suggeri a Sully l’ieda di creare dei piccoli serbatoi scavati nelle platine accanto ai perni dove poter versare una discreta quantità di olio.
I primi serbatoi comunicavano per mezzo di un piccolo solco con i fori dei perni ed erano coperti da un opercolo avvitato sulla platina.
Felici per l’ingegnosa trovata decisero di chiamare “reservoir” quei due piccoli serbatoi, ma il giorno successivo ebbero una Delusione, durante la notte l’olio si era sparso fra le superficid della platina e del coperchietto.
Sully rimediò a questo inconveniente scavando un solco attorno al reservoir e riempiendolo di cera gialla in modo da creare una sorta di guarnizione ermetica con il coperchietto avvitato e in questo modo risolse cosi il problema.
Nel 1716 Sully presentò all’ Academie Royale des Sciences di Parigi un orologio da tasca di nuovo calibro munito dei suoi reservoirs, per il quale ottenne il certificato di approvazione.
Dopo tre anni esaminando l’orologio si rinvenne ancora dell’olio all’interno del serbatoio anche se un po deteriorato.
L’esecuzione di questi serbatoi doveva essere molto laboriosa però non vi è nessuna informazione certa in merito a colui che pensò di scavare i serbatoi direttamente in torno alle sedi dei perni.
La prima testimonianza scritta appare nel 1763 sull’edizione dell’Essai sur l’Horologerie di Ferdinand Berthoud dove sulle tavole furono disegnate a forma di coppe semisferiche scavate snelle platine in corrispondenza dei fori dei perni.
Solo nel 1792 Berthoud descrisse come dovevano essere eseguiti questi serbatoi specificando che i perni dovevano affiorare dal fondo dello scavo in modo da trattenere una maggior quantità di olio .
Le Roy scrisse che la costruzione del sopracitato orologio da tasca aveva dato a Sully l’occasione di trovare l’ingegnosa maniera di conservare l’olio ai perni degli orologi e a lui stesso la possibilità di perfezionarla.
L’affermazione di le Roy può essere considerato un atto di cavalleria nei confronti di Sully in quanto la soluzione per trattenere l’olio era concettualmente del tutto differente da quella di Sully e più che un perfezionamento si trattò di una nuova invenzione.
L’ispirazione infatti gli venne intorno al 1720 leggendo il trattato di ottica di Newton dove è descritta l’esperienza della goccia d’olio attratta per capillarità e trattenuta nel punto di contatto di due vetri accostati di cui uno piano e uno convesso che si dispone poi in circolo intorno a questo punto.
Questa esperienza suggeri a Le Roy la forma da dare alle superfici delle bussole dei perni e di quella dei controperni dei bilancieri, forma analoga a quelli tuttora adottata.
Julien Le Roy annotava che negli antichi orologi Francesi e in quelli Inglesi di fabbricazione più corrente i pignoni delle ruote erano troppo vicini ai perni favorendo cosi la possibilità che l’olio potesse risalire verso i pignoni abbandonando i perni stessi.
Le Roy fu uno dei primi a rimediare all’inconveniente pensando e realizzando i pignoni delle ruote con gli assi più lunghi e in seguito si pensò di realizzarli di forma conica con la parte più larga verso il perno in modo da ostacolare la risalita dell’olio.
Fra i molteplici artifizi escogitati per trattenere l’olio dove necessario, ricordiamo anche le ruote scappamento ad Ancora con i denti fessurati in senso radiale e al perfezionamento dei pioli dello scappamento a Caviglie che vennero muniti alla base di un risalto a gradino atto ad evitare che l’olio si riversasse sulla ruota scappamento.
Un altro grosso problema era il congelamento dell’olio alle basse temperature e in modo particolare per tutti i cronometri di grande precisione destinati alle imbarcazioni costrette a navigare anche con climi freddi, tanto che si consigliava di tenere insieme al cronometro una lampada accesa che lo riscaldasse.
La migliore caratteristica che un olio deve avere è quella di essere più o meno fluido proporzionalmente alle resistenze degli sfregamenti oggi detti Attriti e il principio generale sarebbe se fosse possibile di sostituire il grasso con l’olio, l’olio con l’acqua e l’acqua con l’aria il che equivarrebbe a sopprimere tutto l’olio.
Per quanto sembri paradossale John Harrison lo dimostrò realizzando il suo cronometro con ruote di legno, i perni sostituiti da dischi rotanti e con le gabbie dei pignoni munite di pioli girevoli anch’essi in legno.
Lo stesso Harrison commentava in un suo manoscritto: “ …si muove cosi liberamente che non ha bisogno di olio”
Durante la prima metà dell’ottocento furono costruiti in New England centinaia di migliaia di orologi da mensola interamente in legno ad eccezione della ruota scappamento.
Rawlings testimonia che un esemplare in suo possesso aveva marciato per più di cento anni senza che fosse mai stato lubrificato e senza mostrare usure agli ingranaggi o ai fori dei perni.
Qualche traccia nera sulle platine indusse l’autore a supporre che fosse stato lubrificato in origine con della Grafite.
Nel 1789 il grande Breguet inventò uno scappamento per orologi da persona da lui chiamato “ Echappememnt naturel” che poteva funzionare senza olio.
A tale proposito possiamo ricordare le “ATMOS” della CGE e successiva Jaeger Le Coultre, attuale orologio da appoggio che si ricarica automaticamente sfruttando le variazioni di temperatura ambientale e che rappresenta un eclatante esempio di orologio funzionante con un limitatissimo uso di olio.
Grazie ai piccoli sforzi e alla elevata qualità del movimento l’orologio funziona in assenza di olio tranne che per la molla di carica, per i perni del bariletto e della prima ruota permettendogli di funzionare per molti anni senza manutenzione.
Il fondatore della chimica delle sostanze grasse fu Michel-Eugene Chevreul (Chimico Francese 1786 – 1889) il quale riusci ad isolare gli acidi grassi della Stearina e dell’Oleina ponendo in questo modo le basi scientifiche dell’industria dei grassi, dei saponi e delle candele.
Il metodo per isolare l’olio lubrificante (Oleina) consisteva nel trattamento dell’olio grezzo con sette o otto parti di alcool pressochè bollente.
In seguito al raffreddamento la Stearina precipitava separandosi dalla miscela alcolica e da quest’ultima si otteneva poi l’Oleina per evaporazione dell’Alcool stesso.
Braconnot, celebre chimico di Nancy e contemporaneo di Chevreul constatò che 100 parti di olio di oliva sono composte da 28 parti di Stearina e da 72 parti di Oleina.
Il processo usato da Braconnot per separare l’Oleina era del tutto diversa in quanto faceva infatti gelare l’olio esponendolo al freddo intenso dell’inverno.
Comprimeva poi la massa solidificata a temperatura sotto lo zero per vari giorni fra molti fogli di carta assorbente che venivano continuamente rinnovati fino a che l’olio avesse finito di macchiarli.
Per poi ottenere l’Oleina umettava i fogli con acqua tiepida sottoponendoli all’azione di una pressa.
Nel XIX secolo gli oli per orologeria erano generalmente preparati da laboratori chimici e da qualche orologiaio come Laresche e Henri Robert che fecero anche commercio.
Poiché i mercanti non fornivano oli sempre della stessa qualità alcuni autori consigliavano gli orologiai di prepararsi autonomamente i lubrificanti descrivendo procedimenti più o meno complessi e a volte dissimili e discordanti che tendevano principalmente ad ottenere oli che non ispessissero, che non gelassero facilmente e che non intaccassero gli Ottoni.
Ma sovente con l’intento di creare oli ritenuti puri si ottenevano invece sostanze pressochè prive di potere lubrificante.
Le operazioni suggerite erano in alcuni casi cosi astruse e complesse da evocare vere e proprie manipolazioni di alchimia.
I lubrificanti escludendo quelli per orologi da torre e campanile si dividono in tre gruppi: oli animali, oli vegetali e oli minerali ci sono poi i moderni oli sintetici.
Oli di origine animale
Come olio animale utilizzato fino a pochi decenni fa possiamo ricordare l’olio estratto dal midollo dei piedi di montone
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Sono anche stati sperimentati e usati, ma non sappiamo con quali risultati, oli estratti dai piedi di maiale e persino di anatra.
Fra tutti questi l’olio di piede di bue è risultato essere il migliore, infatti se privo di umidità era infatti quello che resisteva meglio all’ossidazione.
Era un olio adatto ai paesi caldi e meno adatto alle basse temperature ma secondo un empirico suggerimento di Edmund Beckett (Londra, 1883), poteva essere usato per climi freddi miscelandolo con acqua e raccogliendo l’olio che risaliva in superficie.
L’unica ricetta che è stato possibile trovare per la preparazione di quest’olio era stata pubblicata sulla rivista “L’arte cronometrica” (giornale scientifico dell’orologeria, Milano, Dicembre 1882)
“L’olio si ottiene con la cottura dei piedi di Bue, di Vitello e di Porco oppure a freddo; quest’ultimo è il migliore.
Il prodotto va riscaldato per liberarlo dall’acqua residua e miscelato con Benzina purissima in parti uguali.
Esporre il miscuglio a bassa temperatura per parecchie ore (- 4°C a 10°C) fino ad ottenere una massa solida e un liquido che verrà separato per decantazione.
Filtrare il liquido e riscaldarlo a 40°C – 50°C a bagno maria per volatilizzare la benzina
All’olio ottenuto aggiungere il 10%di bicarbonato di soda e agitare; lasciarlo riposare un po di tempo e filtrare con apposita carta.
Se lo si volesse raffinare ulteriormente esporlo all’azione del freddo in un vaso a larga apertura ma coperto e se si formassero delle parti solide filtrarlo nuovamente.
Se si volesse vedere l’olio più chiaro esporlo ai raggi del sole in bottiglie ben tappate fino a che il colore sia di un bel giallo chiaro, quest’ultima operazione è comunque sconsigliata.”
Verso la fine dell’Ottocento Brand D’Auvernier (Svizzera) pose in vendita al prezzo di 6 Franchi un apparecchio da lui inventato e brevettato per la fabbricazione dell’olio di midollo di piede di Bue.
L’apparecchio era costituito da un vaso di vetro sormontato da una capsula di legno bianco avente funzione di filtro e da un’altra capsula in porcellana munita di fori e sulla quale veniva deposto il midollo.
Brand raccomandava di impiegare midollo fresco spezzettato e di rimescolarlo con un bastoncino ogni due giorni.
L’apparecchio doveva funzionare al buio e alla temperatura di circa 15 gradi.
L’olio di Balena detto anche “Spermaceti” era considerato il migliore fra gli oli ricavati dai mammiferi marini.
Lo Spermaceti è una sostanza grassa cerosa insaponificabile e costituita in gran parte da Cetina che veniva usata per la fabbricazione di candele, pomate, unguenti oppure per l’appretto delle stoffe e come lubrificante di pregio.
La sostanza che nel passato aveva una importanza notevole nell’economia è contenuta in un organo particolarissimo dei Capodogli, alloggiato sopra lo scheletro del muso e simile a un immenso serbatoio.
Il grasso è allo stato liquido e solidifica per raffreddamento in seguito alla morte dell’animale.
Gli Inglesi chiamano Sperm Whale il Capodoglio cioè Balena dallo sperma, infatti in epoche lontane, si credeva che quella sostanza potesse identificarsi con una massa di elementi seminali.
Chiaramente l’olio di Cetaceo a differenza di tutti gli oli non poteva essere prodotto dal singolo orologiaio ma veniva fornito dalle industrie baleniere e per essere utilizzato in orologeria doveva essere sottoposto ad ulteriori trattamenti.
Ecco la ricetta suggerita da Hartmann nel 1828
“A quattro once d’olio di Balena di prima qualità aggiungere quattro grani di Kali Aeratum (Aurato di Potassio) sciolto in cinque once di acqua distillata; lasciare riposare per un giorno o due, versare in un vaso coperto da un boccale e dopo averlo esposto al sole per tre o quattro settimane schiumare l’olio che galleggia con un cucchiaio da caffè”
David Meek (1897) che preferiva l’olio animale a quello vegetale, riferiva che lo Spermaceti applicato ad un orologio era ancora allo stato fluido dopo tre anni.
Lui stesso aveva sperimentato un miscuglio di Spermaceti con olio di piede di Bue e aveva trovato la miscela ottenuta il miglior lubrificante che avesse mai utilizzato.
Altri oli di Mammiferi marini raramente ricordati nella letteratura specifica, sono l’olio di Marsuino o Focena (Un Cetaceo Delfinide detto “Porco Marino”) e quello di Sirenidi come il Lamantino e il Dugongo.
Chamberlain (New York, 1941) annotava che l’olio di piede di Bue e l’olio di Marsuino molto usati, il primo in Inghilterra e il secondo in America, avevano risposto in maniera soddisfacente per quanto riguarda la lubrificazione, ma spesso con risultati catastrofici per l’azione corrosiva, per la tendenza ad espandersi, a gelare alle basse temperature e ad evaporare.
Inoltre per quanto riguardava la viscosità era eccessiva per i bilancieri e insufficiente per le prime ruote.
In Inghilterra si sperimentarono anche oli estratti dal Fegato di alcuni pesci fra i quali il Merluzzo e persino dal Tuorlo d’Uovo ed entrambi furono definiti detestabili.
Oli di origine vegetale
Nell’ambito degli oli vegetali sono stati sperimentati oli provenienti da Noci, Nocciole, Mandorle, e da quasi tutti i semi delle piante conosciute con la tenace speranza di trovare un olio più confacente allo scopo di quelli già noti come l’olio di Oliva, di piede di Bue, di Montone, di Balena ma alla fine si riscontrò che questi ultimi erano ancora i migliori
Laresche (Parigi 1807 – 1832) abile orologiaio di Parigi con bottega a Palais Royal si era occupato della preparazione di un olio che vendeva anche in piccole quantità ai propri colleghi.
Nel 1827 pubblicò a Rouen una memoria sugli oli per orologeria che è stata approvata dalla Societe Libre d’Emulation de Rouen.
Per Berthoud l’olio di Laresche doveva essere preferito a tutti gli oli provati fino a quel giorno
“…l’olio di Laresche è fluido, diafano, senza odore, non contiene ne mucillaggine ne acido…”
Robert tuttavia non fu dello stesso parere e neppure Le Normand (Parigi, 1830).
Urban Jungersen (Copenhagen, 1776 – 1830), dopo aver provato un grande numero di oli “migliorati” con procedimenti chimici, si convinse che l’olio di Oliva puro e naturale cosi come lo si ottiene per incisione e non per troppa compressione dai frutti maturi, era il migliore possibile in orologeria e aggiunse: “…è di quest’olio che io consiglierei di fare uso in preferenza; ma non è facile procurarsene”.
Anche Henri Robert che si occupò della sperimentazione degli oli sin dal 1820 era certo che l’olio di oliva fosse migliore di tutti gli oli sia animali che vegetali e ne divenne un tenace sostenitore facendone commercio e migliorandone sempre più la qualità.
Robert tratta con l’argomento con meticolosità e puntigliosità in un rilevante capitolo del suo libro evitando però di descrivere i procedimenti adottati per l’estrazione e la depurazione adducendo la ragione che, se fossero stati male ripetuti, avrebbe potuto essere accusato di indurre in errore.
Più tardi dichiara di voler conservare in famiglia i propri procedimenti ed esprime il desiderio di voler smettere il commercio degli orologi per dedicarsi esclusivamente alla preparazione e alla vendita degli oli.
Per dimostrare la meticolosità adottata nella produzione degli oli, si limita ad elencare i criteri più importanti da lui seguiti ovvero la scelta dell’albero, la località in cui si trova, l’anno più o meno propizio, la manutenzione del frutto, l’alterazione per l’attacco di insetti e il tempo trascorso dal momento della raccolta a quello della spremitura.
Robert era contrario ai trattamenti degli oli con acqua, alcool, etere e l’esposizione alla luce sostenendo che tali oli non erano adatti per l’uso in orologeria.
Per poter fruire delle differenti caratteristiche di oli di diversa natura alcuni autori consigliavano delle miscele.
Riassumendo la puntigliosa ricetta di una miscela suggerita da J. E. Persegol (Parigi, 1882):
“ Mescolare un litro di olio di oliva senza gusto di frutto con due litri di olio bianco di piede di Bue; filtrare e versare in un vaso; versare sulla superficie dell’olio 500 gr. Di stagno fuso; coprire il vaso per 7/8 giorni; travasare e filtrare la quantità che necessita; filtrare ancora.
Dopo questa operazione supponendo di avere un litro di olio, versarci 5 gr. di Etere volatile e mescolare; filtrare versando in un recipiente di bosso.
L’olio che gocciolerà dal recipiente potrà essere usato per le Pendole mentre l’olio per gli orologi dovrà essere invece filtrato altre due volte e passato nel recipiente di bosso precedentemente lavato con sapone e ben seccato”
Persegol aggiunse:
“…sono certo che gli orologiai che fanno questa esperienza, lasceranno da parte tutti gli oli che i mercanti di fornitura di orologeria vendono con etichette più o meno ingannevoli”.
Più recentemente e sino a pochi decenni fa si producevano anche miscele di oli vegetali e animali con oli minerali che davano buoni risultati a tutte le temperature nonostante non fossero di qualità eccezionale.
Oli di origine Minerale
Gli oli minerali sono conosciuti già a partire dall’ultimo quarto dell’Ottocento infatti venivano prodotti e usati in orologeria oli estratti per distillazione dal carbone, dall’asfalto, dagli scisti bituminosi e soprattutto dal petrolio che sgorgava naturalmente da alcune sorgenti in America e in Asia.
L’olio minerale è preferibile agli oli organici perché non si decompone alle alte temperature p all’azione dell’ossigeno e non gela alle basse temperature.
La Piombaggine, sinonimo di Grafite, è una varietà di carbone molle e untuosa che viene usata come lubrificante, pura o miscelata con altri oli che ne aumentano il potere lubrificante.
Troviamo citata la Piombaggine già nel 1667 mentre nel 1830, L. Herbert suggeri di usare la Piombaggine per lubrificare i cronometri e descrisse un elaborato e meticoloso metodo per prepararla.
Una invenzione relativamente recente per evitare che l’olio si allontani dalle parti soggette a lubrificazione è il trattamento con una sostanza detta Epilame.
Si tratta di un brevetto di Paul Woog di Strasburgo.
L’Epilame è un liquido in cui vengono immerse per qualche minuto le parti lubrificare e sulla loro superficie aderisce cosi una sottile e tenace pellicola che impedisce all’olio di espandersi; la sostanza è stata introdotta da Paul Ditisheim nel 1927.
Concludiamo con una annotazione di Carlo Bargoni, orologiai Veronese della fine del XVIII secolo.
Bargoni asseriva che era necessario far pulire gli orologi una volta all’anno, verso al fine dell’Autunno.
“…quand’anche andassero passabilmente, poiché, derivando le variazioni dall’oglio disseccato o vecchio, egli è necessario introdurvene del nuovo, specialmente se si fa riflesso a cert’oglio cattivo e non purificato ritenuto in vasetti di rame o d’ottone ed esposto alla polve che suolsi adoperare da certi lordi professori, come se l’oglio purificato e netto fosse un ente di minima necessità negli orologi”
Termino il nostro percorso nella storia con una esclamazione di Jodin a proposito dei crucci creati dagli oli agli orologiai:
“…ecco la nostra guida, tutte le nostre invenzioni sono insufficienti poiché sono tutte assoggettate all’olio!”
E all’affermazione di Jodin si può aggiungere quella più recente di Gould (Marine Chronometer, 1923):
“Queste osservazioni danno rilievo all’importante verità che la precisione di qualsiasi cronometro, seppur di disegno e costruzione perfetti, è alla mercè del suo oliolubrificante…”
Arriviamo cosi ai tempi nostri dove le cose sono notevolmente cambiate e il progresso ha portato ad avere oli lubrificanti sempre più raffinati e di alto livello.
Come abbiamo avuto modo di comprendere la lubrificazione come la pulizia sono due parametri di estrema importanza per operare correttamente nelle revisioni degli orologi e per il loro buon funzionamento.
Oggi in orologeria vi sono numerose tipologie di olii specifici, pensati per adattarsi al meglio al tipo di lavoro che gli organi in movimento sono chiamati a svolgere.
Quelle che seguono sono due tavole che riassumono a grandi linee i punti salienti per effettuare una corretta lubrificazione.
Di seguito le specifiche degli oli Moebius usati in orologeria.
8000 Olio classico per uso generico adatto per orologi da polso e tasca.
8030 Olio classico per orologi, scatole musicali e altre tipologie di movimenti di precisione.
8031 Olio classico per orologi, scatole musicali e altre tipologie di movimenti di precisione, specifico per basse temperature
8040 Olio classico per orologi a cuckoo, piccoli orologi a torre e altre tipologie di movimenti di precisione.
8043 Contiene disolfito di molibdeno che gli conferisce un colore nero, quest’olio è indicato in casi pressioni superficiali elevate
8141 Olio classico con eccellente stabilità e qualità di resistenza alle alte pressioni. Adatto per coperchi di cuscinetti, ruote centro, alberi di carica, pignoni scorrevoli e altre parti di meccanismi di carica.
8200 Grasso classico per cuscinetti a sfere e altri movimenti lenti con ampie superfici di lubrificazione. Yellow aspect and normal consistence at 20°C. Minima temperatura di esercizio compresa fra -10°C e -40°C. Massima temperatura di esercizio compresa fra +80°C, si trasforma in olio a partire dai +40°C in su.
8201 Lubrificante speciale con disolfuro di molibdeno. Applicazioni: come l’8200 ma in generalmente utilizzato a temperatura ambiente.
8207 Lubrificante speciale alla grafite. Applicazioni: come l’8201 ma non cola per via della grafite contenuta.
8212 Grasso per parti in alluminio
8213 Grasso per assi in ottone di bariletti
8217 Grasso per assi in ottone di bariletti
8219 per assi di carica, viscosità più elevata del 8212 e 8213
8300 Grasso classico per movimenti a carica; Applicazioni: Sistemi di carica, suonerie di sveglie e orologi, adatto inoltre per perni bariletti e parti a lento movimento con ampie superfici di contatto, i8200; m40 °C; Massimo limite di temperatura 80 °C ma a 50 °C cambia viscosità e diventa olio
8301 Aspetto nero, contiene grafite ed è adatto per fibbie scorrevoli
8302 Aspetto grigio-nero, contiene disolfito di molibdeno ed è adatto per fibbie scorrevoli
8513 Grasso al silicone, Waterproof
8516 Grasso al silicone, Waterproof
8941 Per trattamenti di Epilame atti a ridurre le tensioni superficiali degli oli favorendone la permanenza ed evitando lo spargimento durante il funzionamento
9000 Lubrificante sintetico universale per orologi analogici e al quarzo; adatto per materiali plastici tipo il polyacetal (Delrin®), poliammidi, policarbonati.
9010 Olio sintetico per pietre e parti di regolazione in piccoli e medi calibri e ogni altro meccanismo di precisione.
9014 Il 9014 è un mix di 70% di 9010 e 30% del 9030
9015 Olio sintetico atto ridurre il frizionamento fra metallo/plastica nei cuscinetti e plastica/plastica nelle frizioni scorrevoli.
9020 Olio sintetico per cuscinetti di piccoli calibri da usarsi al posto del 9010; adatto per situazioni dove è richiesta una buona resistenza alle alte pressioni, per masse oscillanti e altre parti mobili in orologi automatici
9024 -9026 -9027-9034 Per alte pressioni e temperature usare il 9026 con aggiunta di Disolfito di Molibdeno La resistenza dell’olio sulla plastica dipende molto dalla superficie ed è quindi indicato un trattamento di epilame.
9030 Olio sintetico usato in condizioni di bassa temperatura per piccoli meccanismi; si raccomanda un trattamento di epilame prima della lubrificazione
9040 Olio sintetico indicato per orologi e strumenti di precisione adibiti ad imbarcazioni; resistente alle basse temperature ma adatto anche alle alte temperature; bassa viscosità, richiesto trattamento di epilame.
9104 SYNT-HP è adatto per ridurre attriti fra metallo/metallo in strumenti di precisione, motori e piccoli cuscinetti
941 Olio sintetico speciale indicato per la lubrificazione delle palette dell’Ancora
9415 Grasso sintetico per differenti applicazioni; Negli orologi meccanici èusato perla lubrificazione dello scappamento, per micromeccanismi è utilizzato per i cuscinetti in miniatura, motori passo-passo, alta frequenza, sincroni etc.
9501 Grasso sintetico morbido sviluppato per risolvere problemi di frizionamento generico come meccanismi di rimessa all’ora, molle, meccanismi di calendari
9504 Grasso sintetico ad alte prestazioni e stabilità; composto da una base di grasso 9501 e sapone metallico ha una eccellente resistenza alla pressione ed è indicato per accoppiamenti fra metallo/metallo come sistemi di carica, calendari, cronografi
1000 = 9104 SYNT-HP è adatto per ridurre attriti fra metallo/metallo in strumenti di precisione, motori e piccoli cuscinetti MICROGLISS D-5 Il gruppo dei lubrificanti D è composto da cinque tipologie di oli di composizione identica ma con viscosità differenti.
D1 e D2 sono adatti alle basse temperature ma è richiesto un trattamento preventivo di epilam
D3, D4 e D5 sono usati per i cuscinetti sottoposti ad alte pressioni